La prima Barbie con la sindrome di Down

Barbie con la sindrome di Down

Vi starete chiedendo cosa ha a che fare questo argomento con l’astrofisica e con me e adesso ve lo spiego.

Tra ottobre e dicembre 2022, ho partecipato al programma IVLP “International Visitor Leadership Program” del Dipartimento di Stato Americano sul tema dell’empowering delle donne nelle materie STEM, acronimo che sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics. Grazie a questo programma sono stata tre settimane negli Stati Uniti e ho potuto incontrare e interagire con diverse realtà americane che trattano o che, in qualche modo, hanno a che fare con il gender gap, in particolare nelle materie STEM.

A Los Angeles ho partecipato ad una tavola rotonda in cui era presente il vicepresidente del Global Brand Marketing per la Barbie (quasi l’unico uomo incontrato in 21 giorni 🙂 con cui abbiamo affrontato l’argomento della rappresentazione e dei modelli. La Mattel, nel tempo, è passata dal produrre solo le Barbie principessa, gran ballo, cuoca, infermiera, etc. alle Barbie astrofisica, astronauta, geologa, matematica, etc. dando finalmente una rappresentazione della donna lontana dagli stereotipi in cui era stata racchiusa persino dalle bambole.

In realtà, l’avrete notate, anche altre aziende hanno fatto qualcosa di simile, come ad esempio la Disney che è passata dalle favole di Biancaneve e Cenerentola, dove una bambina non poteva fare altro che riconoscersi nella principessa che doveva essere salvata dal principe biondo di turno, alle eroine che si salvano da sole, come ad esempio Mulan, Pocahontas o Vajana. E infatti, anche la Disney è stata tra gli interlocutori del mio viaggio alla scoperta delle tecniche per la consapevolizzazione del ruolo femminile nelle STEM, avvicinandomi allo “storytelling”.

Dunque, mentre la Mattel agisce mostrando alle bambine che nella vita possono essere ciò che vogliono riconoscendosi nelle Barbie con cui giocano, la Disney invece racconta storie incentrate sulle donne, allo stesso fine. Il mio programma, intitolato “Hidden No More” prende questo nome proprio dal film Disney “Hidden Figures”, in italiano “Il diritto di contare”, che racconta la storia, nascosta per diversi anni, di tre super donne afroamericane che hanno cambiato la storia dell’America, permettendo al popolo americano di arrivare e anche per primo, sulla Luna. L’idea è di svelare le nostre storie di donne nelle STEM, per fin troppo taciute, per far vedere alle bambine/ragazzine che c’è altro oltre i ruoli che la società vuole imporre loro e che se credono in qualcosa, possono realizzarla, così come abbiamo fatto noi, perché le storie femminili non siano più nascoste. Ovviamente questo discorso può essere rivolto anche ad un ragazzino che non si trova a suo agio a vestire i panni che la società vorrebbe affibbiargli ed è volto a spronare tutti/e a seguire le proprie esclusive e gender-free inclinazioni.

Ve lo dico: oltre a propormi per essere la nuova eroina Disney (giuro che l’ho fatto davvero!), ho ringraziato il delegato della Barbie per aver realizzato la Barbie Samantha Cristoforetti e non solo la Barbie “che stira”, così finalmente (visto che non c’è un Ken che stira!) le bambine potranno pensare “allora posso anche io?”.

E adesso veniamo al titolo di questo post: la Barbie con la sindrome di Down. Operazioni del genere, per me che credo nella rappresentazione come mezzo di identificazione e di emulazione primaria, soprattutto nei piccoli, sono importantissime. In realtà, nel metodo non c’è niente di nuovo perché erano state fatte operazioni simili già con la Barbie di colore, la Barbie curvy o la Barbie diversamente abile ma credo che il vero goal non sia che questa ultima Barbie arrivi solo alle bambine con sindrome di Down ma che, così come sarà con la Sirenetta di colore Disney che vedremo in mondovisione, arrivi a tutte le bambine o chiunque voglia giocare con le Barbie. In questo modo, nelle loro stanzette potrà passare tutta – per quanto possibile – la variegata umanità e per loro risulterà normale vedere un viso o un colore diverso.

Adesso io non voglio giudicare i motivi che spingono un’azienda a fare questi passi, visto che probabilmente, anzi quasi sicuramente, è marketing. La cosa che mi interessa è che lo facciano, perché questo tipo di marketing, che arriva a milioni di persone, può davvero influenzarle e queste aziende hanno la responsabilità etica di tracciare la strada giusta.

Se volete approfondire il tema di Barbie e le STEM vi consiglio di guardare questo video sul “Dream Gap” che è anche il nome del progetto della Mattel, ideato per contribuire a colmare quello che loro hanno chiamato il “divario dei sogni”, conseguenza e contemporaneità del divario di genere: https://www.youtube.com/watch?v=FZ8Sgkq74XA

Iscriviti alla newsletter

Non perderti nemmeno un articolo … …

Condividi questo post con i tuoi amici

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

it_IT